lunedì 18 febbraio 2008

Raccolta differenziata

Raccolta differenziata non sono previsti sgravi per i cittadini attenti e sensibili all’ambiente.
Chi alla luce delle questioni Tarsu (tassa sui rifiuti solidi urbani) sperava che gli enormi aumenti sarebbero serviti per migliorare l’organizzazione della raccolta differenziata per poi in seguito premiare i cittadini più zelanti, come al solito ha preso un grosso abbaglio. In consiglio comunale vi è stato infatti un passaggio accennato dall’assessore all’ambiente Orazio D’Antoni che ha candidamente dichiarato che dalla raccolta differenziata non è possibile aspettarsi un beneficio finanziario rilevante tale da allentare la pressione sulle tasche dei cittadini. Come è evidente gli amministratori hanno tratto liberamente dal Decreto Ronchi e dalla legge Matteoli solo la parte relativa agli aumenti previsti, ma hanno volutamente trascurato il fatto che sia il decreto che la legge spingono l’acceleratore sull’importanza del aumento della raccolta differenziata. Infatti solo in quest’ultima ipotesi si potrà maggiorare lo sgravio per i cittadini. L’assessore D’Antoni in merito, dichiara in modo palese la sua interpretazione della legge nel seguente modo “…la raccolta differenziata ha un grande valore ambientale, ma non finanziario. Più se ne fa, più salirà il suo costo. È necessario attuarla allo scopo di offrire un buon servizio ambientale alla città ed ai suoi abitanti. Ma il costo inciderà parecchio…un dovere morale cui non ci possiamo sottrarre per lasciare ai nostri figli un mondo meno inquinato”. Chiaramente tutta pura retorica, fino adesso solo menzogne sono state le pillole fatte ingoiare ai cittadini per giustificare gli aumenti della Tarsu. Ma gli etnei attenti si sono accorti della malafede della giunta comunale. D’Antoni ha inoltre dichiarato che la città ha dei costi bassi , tra i più bassi d’Italia. In effetti su questo basta andare in giro per Catania ci si accorge benissimo di come il servizio è chiaramente scadente.

venerdì 15 febbraio 2008

La criminalità organizzata a Catania: la mafia allo stato nascente

La presenza della mafia a Catania è un fenomeno di lettura non semplice e senz'altro di estremo interesse per alcune sue caratteristiche anomale, che la discostano da tutte le altre aree di presenza mafiosa tradizionale (sia siciliane, come Palermo o Agrigento, che campane o calabresi).
La città etnea fa parte storicamente di quella Sicilia orientale "greca" che si è caratterizzata per decenni come la "Sicilia senza mafia". E, al di là dell'agiografia e dei miti municipalistici, si deve riconoscere che il fenomeno mafioso, radicato nella Sicilia "fenicia" (Palermo, Trapani, Agrigento, Caltanissetta) fin dalla metà dell'ottocento, è stato fino a tempi recenti pressoché assente da Catania. La situazione muta bruscamente negli anni '60-'70, tanto che, nei primi anni '80 ci si trova di fronte ad una città nella quale opera un gruppo anche da un punto di vista "formale" affiliato a Cosa Nostra, quello guidato da Nitto Santapaola, e gruppi minori autoctoni (Laudani, Cursoti, Malpassoti, ecc.) che al primo fanno riferimento da più punti di vista, tanto che si può parlare di una "cupola" catanese ad imitazione di quella palermitana.
La rapidità e la forza dell'infiltrazione mafiosa a Catania sono dovute ad una serie di cause più o meno complesse. Non si vuole sottovalutare l'importanza di un atteggiamento conciliante di una parte della classe politica locale, l'indifferenza di certa stampa, l'attitudine al compromesso della società civile, la sua impreparazione di fronte ad un fenomeno che, proprio perché importato, era poco conosciuto. Ma dato che l'ottica nella quale ci si pone in questa ricerca è quella della legalità e dello sviluppo, e la congiunzione che unisce i due termini deve segnare un'interrelazione forte tra l'aspetto economico e quello sociale, è il caso di concentrarsi sulle dinamiche socioeconomiche che hanno portato al salto di qualità della criminalità organizzata catanese.
Gli studi più aggiornati sul fenomeno mafioso concordano nell'affermare che la mafia non è affatto figlia del sottosviluppo e dell'indigenza.
I luoghi di nascita delle tre maggiori organizzazioni criminali italiane sono i mercati ortofrutticoli a Napoli e nel Casertano, la coltivazione degli agrumi nella Conca d'Oro a Palermo, il commercio di agrumi ed olio in Calabria. Attività economiche minori dunque (con l'eccezione del settore agrumicolo palermitano), ma nel contesto del Mezzogiorno di un secolo e mezzo fa, fermenti commerciali significativi. Proprio in questi nodi cruciali di vitalità economica si sono originariamente insediate camorra, mafia e 'ndrangheta, stringendo fin da subito una serie di alleanze con il settore economico e quello politico che avrebbero fatto la loro fortuna negli anni a venire.
Ma l'insediamento è potuto avvenire nella misura in cui la società civile locale e lo stato nazionale non erano in grado (o non avevano l'intenzione) di governare processi di trasformazione in stato nascente come quelli citati.
A fronte di un deficit della giustizia civile, che non garantiva rapidità e credibilità nella garanzia delle transazioni commerciali; di istituzioni locali provenienti da una cultura ancora feudale; di una mentalità diffidente e personalistica della società civile (i referenti dei singoli nel Sud non erano certo le inefficienti istituzioni borboniche, ma i parenti, gli amici, le reti informali di conoscenze e favori); la mafia offriva una "giustizia" rapida e accessibile, un'intermediazione affidabile, l'ingresso in reti di conoscenze ramificate e funzionali.

martedì 12 febbraio 2008

Minori a rischio, Catania in testa alle classifiche nazionali

Il "Grido" del giudice Scidà cade nel silenzio delle Istituzioni di Pino Finocchiaro "Se non si affronta la questione minorile, Catania è senza futuro". Le parole del pg Giacomo Scalzo cadono come una doccia fredda su Catania, capitale dell'Etna Valley, citata dal presidente Ciampi come modello di sviluppo per l'Italia. Metropoli siciliana che resta al quartultimo posto nella classifica della vivibilità, per l'anziano presidente del Tribunale dei Minori, Titta Scidà, è al primo posto nella classifica nazionale della delinquenza minorile. Poco importa la guerra delle classifiche. Il dato assoluto è di per sé inquietante: in un anno, dei 1917 minori arrestati in Italia, 257 sono stati arrestati nel distretto catanese, 120 i catanesi, 50 hanno dovuto rispondere di un reato grave e inquietante come la rapina: un reato da grandi. Da anni, Titta Scidà, lancia il suo "grido" di dolore per la minore età profanata da abusi e soprussi nel tragico - complice - silenzio delle istituzioni. Quest'anno, il procuratore generale Giacomo Scalzo nella relazione sullo stato della giustizia nel distretto di Catania ha accusato anche i media giacché "il fenomeno della criminalità minorile, lungi dall'allarmare le coscienze, è invece oggetto di costante silenzio da parte degli strumenti di informazione quasi a rimuovere lo scomodo problema dell'aumento della devianza minorile". Scalzo non ha esitato a paragonare la tetragona figura di Titta Scidà che da decenni - irremovibile - invoca pace per i figli di una città che piange mille morti di mafia al protagonista de "Il grido" di Edvard Munch. Nel ritratto dell'espressionista norvegese, un uomo al bivio della vita, urla solo e impotente la sua esasperazione tra l'indifferenza dei passanti e lo scorrere lontano di altre esistenze da necessità strette a navigare - ché "vivere non necesse" - su un lago distante. Scalzo ha detto di Scidà: "A volte ascoltato, più spesso trascurato, il suo è un 'urlo' (per trasporre in prosa la figurazione del Munch) che dovrebbe svegliare enti e istituzioni . (...) Noi saremo al Suo fianco, come già lo siamo stati per l'istituzione dei servizi sociali nel distretto; occorre però, una mobilitazione di tutti i settori - mass media, istituzioni - per operare sul fronte minorile". Scidà commenta amaro: "Catania non occupa il secondo posto, nella graduatoria della frequenza del numero degli arresti di minorenni. Occupa il primo. C'é, comunque, qualcosa di più grave che i fatti. E' lo sforzo, corale, di nasconderli". Il "Grido" di Scidà é alto, circostanziato, diretto al patto scellerato tra mafia e collettori di investimenti pubblici. Le mani sulla città. E sui suoi figli più piccoli, incolpevoli. "E'ormai tempo di chiedersi il perché di quell'impegno di celamento. Lo diciamo da dieci anni. Né la criminalità dei minori, né la mafia, sono piombate improvvisamente su Catania, come la peste sulla Atene di Pericle. Esse sono due dei costi inflitti a Catania dalla criminalità degli affari pubblici". Scidà, insiste: "Nascondere gli effetti - la mafia: negata sino all'estremo limite delle possibilità; e la criminalità minorile, scotomizzata tuttora - significa volere oscurare le cause. (...)Perché della criminalità amministrativa, della corruzione, delle complicità, pare constatato il decesso. Cose morte. Morte? C'è in ogni cuore un piccolo Galilei, che sa suggerire, ad ogni giusta occasione, un suo 'eppur si muove!'". Senza remore Scidà accusa: "L'inquietudine ha per oggetto, insieme con i campi tradizionali dell'abuso, proprio quello della spesa per l'assistenza. E se essa, l'inquietudine, è giustificata, allora può dirsi che la criminalità amministrativa tende a confiscare per sé anche il denaro occorrente per alleviare il disagio che essa stessa ha provocato". Quanto all'accostamento con la figura ritratta da Edvard Munch, il giudice Scidà si schermisce, è "... una metafora che mi onora troppo:" ... e tetragono tal pari insiste:"... troppo, se essa viene dai versi di un poeta che, mentre altri non sapevano darsi il coraggio, non seppe darsi - lui - la paura, e provò con la sua fine, di non essere immeritevole della vita".

Si aprono le danze

CATANIA UNA CITTÀ, UNA STORIA, TANTI PERSONAGGI FAMOSI, CHE IL SUO MALGOVERNO NON VALORIZZA.Il sole , le eruzioni vulcaniche ed un mare ex cristallino sono lo sfondo delle mille storie della nostra terra . Anche Catania porta con sé i segni delle trasformazioni culturali e degli avvenimenti di questi ultimi secoli. Ricordare un incantevole e significativo passato è il compito dei numerosi musei etnei che, in silenti sfarzi, portano la testimonianza di quel fascino che da sempre ha contraddistinto la nostra città. Al centro di piazza Stesicoro sono visibili i resti dell’anfiteatro romano , scoperto a seguito degli scavi del 1906 e risalente al II secolo dopo Cristo. L’antica cavea con podio e corridoi coperti, tutto in pietra lavica e malta cementizia fanno di quest’opera una delle più grandi del suo genere, inferiore soltanto al Colosseo e all’anfiteatro di Verona. Per non parlare del museo civico del castello Ursino, fatto costruire da Federico II di Svevia che ospita raccolte Sicule e Corinzie, sculture greche e una vasta Pinacoteca (locali a tutt’oggi chiusi per restauro). Bellissimo inoltre il museo diocesano che custodisce l’arredo mobile della cattedrale. In questo sono rappresentate vicende religiose del territorio, accogliendo opere che documentano la storia liturgica. Una bellissima sala è stata inoltre dedicata alla patrona, Sant’Agata della quale si può inoltre ammirare il fercolo. Per esaltare le personalità che hanno reso grande Catania sono stati allestiti musei fra i quali quelli dedicati a: Giovanni Verga, un palazzotto dell’800 sito in via Sant’Anna n. 8, nel quale trascorse l’infanzia e nel 1940 è diventato monumento nazionale. Al suo interno si possono osservare libri( oltre 2600) che contribuiscono alla formazione dello scrittore. Visibili anche le tracce della iniziale passione per la fotografia: si possono infatti ammirare le lastre e pellicole raffiguranti la sua famiglia.
A Vincenzo Bellini è dedicato il museo creato nella sua dimora. Essa è disposta in modo da accompagnare la vita dello scrittore dall’alcova alla stanza funeraria. Di ottima fattura i modellini di scena delle opere del grande compositore della Sonnambula.
La scienza evolutiva viene ampiamente trattata nei musei di paleontologia e zoologia . Oltre la presenza nella città etnea dei musei di mineralogia e vulcanologia interni al palazzo delle scienze. Anche Catania possiede inoltre il museo del cinema all’interno del centro fieristico “ Le ciminiere”. Non saranno certo famosi come gli uffizi di Firenze, niente file chilometriche all’ingresso ma anche la nostra città possiede dei tesori pregiati da mostrare, personaggi da far conoscere.
Perché non valorizzarli? Perchè non rendere tali musei mezzi in grado di permettere ai catanesi e non, di conoscere l’essenza della città ed ai visitatori di entrare in questo meraviglioso piccolo mondo che è Catania con riflessione di supporto ai bei monumenti e all’atmosfera magica di questo popolo ricco di tradizioni. Cari lettori questa è pura retorica, come mi piacerebbe poter scrivere e come per magia dare un contributo per realizzare quanto sopra. Chissà i nostri conterranei, Verga , Bellini, Martoglio e tanti altri come loro si stanno giorno dopo giorno rigirando nella tomba osservando con sdegno come la cultura nella loro Catania, abbia ceduto negli ultimi anni alla cultura del malaffare politico e a tutte le conseguenze di tale gestione della exmeravigliosa Katane. A voi l’analisi e la critica, basterebbe aprire le finestre al mattino (fortunato chi le possiede) affacciarsi e immergersi nei colori dei quartieri e scoprire come la meravigliosa gente di Catania viene giorno dopo giorno punita, a dir poco, dalla maldestra gestione della cosa pubblica da parte di chi la governa.