venerdì 15 febbraio 2008

La criminalità organizzata a Catania: la mafia allo stato nascente

La presenza della mafia a Catania è un fenomeno di lettura non semplice e senz'altro di estremo interesse per alcune sue caratteristiche anomale, che la discostano da tutte le altre aree di presenza mafiosa tradizionale (sia siciliane, come Palermo o Agrigento, che campane o calabresi).
La città etnea fa parte storicamente di quella Sicilia orientale "greca" che si è caratterizzata per decenni come la "Sicilia senza mafia". E, al di là dell'agiografia e dei miti municipalistici, si deve riconoscere che il fenomeno mafioso, radicato nella Sicilia "fenicia" (Palermo, Trapani, Agrigento, Caltanissetta) fin dalla metà dell'ottocento, è stato fino a tempi recenti pressoché assente da Catania. La situazione muta bruscamente negli anni '60-'70, tanto che, nei primi anni '80 ci si trova di fronte ad una città nella quale opera un gruppo anche da un punto di vista "formale" affiliato a Cosa Nostra, quello guidato da Nitto Santapaola, e gruppi minori autoctoni (Laudani, Cursoti, Malpassoti, ecc.) che al primo fanno riferimento da più punti di vista, tanto che si può parlare di una "cupola" catanese ad imitazione di quella palermitana.
La rapidità e la forza dell'infiltrazione mafiosa a Catania sono dovute ad una serie di cause più o meno complesse. Non si vuole sottovalutare l'importanza di un atteggiamento conciliante di una parte della classe politica locale, l'indifferenza di certa stampa, l'attitudine al compromesso della società civile, la sua impreparazione di fronte ad un fenomeno che, proprio perché importato, era poco conosciuto. Ma dato che l'ottica nella quale ci si pone in questa ricerca è quella della legalità e dello sviluppo, e la congiunzione che unisce i due termini deve segnare un'interrelazione forte tra l'aspetto economico e quello sociale, è il caso di concentrarsi sulle dinamiche socioeconomiche che hanno portato al salto di qualità della criminalità organizzata catanese.
Gli studi più aggiornati sul fenomeno mafioso concordano nell'affermare che la mafia non è affatto figlia del sottosviluppo e dell'indigenza.
I luoghi di nascita delle tre maggiori organizzazioni criminali italiane sono i mercati ortofrutticoli a Napoli e nel Casertano, la coltivazione degli agrumi nella Conca d'Oro a Palermo, il commercio di agrumi ed olio in Calabria. Attività economiche minori dunque (con l'eccezione del settore agrumicolo palermitano), ma nel contesto del Mezzogiorno di un secolo e mezzo fa, fermenti commerciali significativi. Proprio in questi nodi cruciali di vitalità economica si sono originariamente insediate camorra, mafia e 'ndrangheta, stringendo fin da subito una serie di alleanze con il settore economico e quello politico che avrebbero fatto la loro fortuna negli anni a venire.
Ma l'insediamento è potuto avvenire nella misura in cui la società civile locale e lo stato nazionale non erano in grado (o non avevano l'intenzione) di governare processi di trasformazione in stato nascente come quelli citati.
A fronte di un deficit della giustizia civile, che non garantiva rapidità e credibilità nella garanzia delle transazioni commerciali; di istituzioni locali provenienti da una cultura ancora feudale; di una mentalità diffidente e personalistica della società civile (i referenti dei singoli nel Sud non erano certo le inefficienti istituzioni borboniche, ma i parenti, gli amici, le reti informali di conoscenze e favori); la mafia offriva una "giustizia" rapida e accessibile, un'intermediazione affidabile, l'ingresso in reti di conoscenze ramificate e funzionali.

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